Il cibo, un denominatore comune della vita psico-fisica e sociale di ogni individuo

La vita familiare e sociale ruota intorno all’ora dei pasti. Il cibo rappresenta allo stesso tempo fonte di piacere e materiale utile principalmente per generare energia, per la crescita e la riparazione dei tessuti corporei e per regolare i processi corporei stessi. E’ noto fin dai tempi di Lucrezio che alcuni individui, di qualsiasi età ed in qualsiasi momento della vita, possono non tollerare più un determinato alimento. Alcune considerazioni sono utili per “accettare” la possibilità che il cibo, da sempre visto come fonte di vita, possa determinare con vari meccanismi, problematiche con disturbi non solo gastroenterologici, ma anche a carico di altri organi e/o apparati.

Gli alimenti: passaggio da molecole del mondo animale e vegetale “esterno” a costituenti del nostro organismo

Gli alimenti contengono una grande quantità di antigeni esterni che vengono in contatto con il nostro sistema immunitario mucosale.

La funzione primaria del tratto gastrointestinale è quella di trasformare gli alimenti ingeriti in una forma che possa essere assorbita e utilizzata per l’energia e la crescita cellulare.

Durante questo processo gli antigeni esterni (batteri, virus, proteine alimentari,ecc.) possono essere neutralizzati e bloccati prima di penetrare nell’organismo. Le proteine, i lipidi, i glucidi degli alimenti (di origine animale e vegetale) tramite la digestione intestinale devono perdere la loro “identità”. Solo così possono entrare a far parte del “self” (ciò che l’organismo riconosce come “proprio”) e garantire la sopravvivenza dell’individuo.

L’apparato gastroenterico nell’uomo ha una superficie di 200-300 m2, rappresenta quindi una formidabile “linea di frontiera” che deve essere protetta. La barriera mucosale intestinale utilizza meccanismi sia immunologici che meccanici per adempiere alla sua funzione. Nelle prime epoche della vita abbiamo un’immaturità del sistema mucosale intestinale per la fisiologica carenza di IgA secretorie e per immaturità dell’epitelio intestinale stesso. Tale condizione può predisporre al passaggio di macromolecole alimentari attraverso la barriera mucosale con il loro riconoscimento come “antigeni” (proteine contenute negli alimenti o prodotte durante la loro digestione capaci di determinare una reazione allergica con meccanismo immunologico) con conseguenti reazioni immunogene; tale evento si può verificare già nella vita fetale e spiega le reazioni allergiche che possono aversi anche dopo la prima assunzione ad esempio di latte vaccino.

Altre situazioni predisponenti l’eccessiva penetrazione di macromolecole antigeniche alimentari sono le infezioni che interessano l’apparato gastrointestinale: molti studi evidenziano come l’allergia alimentare possa iniziare in seguito a processi infiammatori a tale livello. L’assorbimento degli allergeni alimentari è aumentato dalla diminuita acidità gastrica, evento assai frequente per l’aumentato uso di antiacidi (come i farmaci anti H2); inoltre l’ingestione di alcol aumenta l’assorbimento di antigeni alimentari, motivo quest’ultimo per cui possiamo avere reazioni avverse in concomitanza dell’assunzione di alcol e determinati alimenti.

L’allergia alimentare può presentarsi in tutte le età della vita; le cause principali possono essere legate all’ immaturità della barriera mucosale, all’assunzione di allergeni alimentari dotati di “connotazioni” allergeniche particolari, oppure come allergia alimentare secondaria a sensibilizzazione ad inalanti che presentino proteine allergeniche comune ad alcuni alimenti.

Reazioni avverse al cibo: conseguenti all’ingestione di un alimento o di un additivo alimentare

Le reazioni avverse al cibo si distinguono in:

  • Reazioni alimentari tossiche (da tossine contenute nel cibo). Queste possono verificarsi in ciascun individuo purché abbia ingerito dosi sufficienti di tossine.
  • Reazioni alimentari non tossiche, dipendenti dalla suscettibilità individuale: 1) allergie, riconducibili a tutti i meccanismi immunologici (tipo I, II, III e IV). Le allergie tipo I (IgE mediate) sono state chiaramente delineate, le reazioni cellulo-madiato immunologiche non IgE mediate stanno sempre più definendosi: possono essere riconducibili a reazioni anticorpo-mediate coinvolgenti immunoglobuline diverse dalle IgE, o da immunocomplessi. 2) intolleranze alimentari riconducibili ad un meccanismo non immunologico: possono essere di tipo enzimatico (per es. intolleranza al lattosio), farmacologico (per es. le reazioni alle amine vasoattive o agli additivi contenuti in alcuni cibi) e indefinite.

Le allergie alimentari IgE-mediate sono tuttora le meglio definite: gli antigeni alimentari si fissano sugli anticorpi della classe IgE posti sulla superficie dei mastociti e dei basofili determinando la liberazione di istamina ed altri mediatori dell’infiammazione allergica.

“L’esplosione”, ossia la degranulazione del mastocita, cellula del tessuto connettivo, dopo l’incontro dell’allergene con le IgE, poste sulla sua superficie, provoca la liberazione di sostanze responsabili delle manifestazioni allergiche come istamina, leucotrieni, prostaglandine, trombossani e citochine, che causano principalmente la dilatazione dei vasi sanguigni, la contrazione delle cellule muscolari lisce e l’ipersecrezione ghiandolare.

In teoria ogni proteina alimentare può rappresentare un allergene. In base alla capacità di determinare reazioni allergiche si possono dividere gli alimenti in 1) più frequentemente allergenici, 2) meno frequentemente allergenici e 3) raramente allergenici.

Più frequenti

  • uova
  • latte
  • pesce
  • crostacei
  • arachidi
  • nocciole
  • soia
  • frumento

Meno frequenti

  • mela
  • noce
  • sedano
  • pomodoro
  • banana
  • kiwi
  • pesca
  • carota
  • pera

Rari

  • senape
  • aglio
  • semi di caffè
  • semi di ricino
  • ecc.

Nell’ambito della stessa famiglia alimentare troviamo alimenti con maggiore o minore capacità allergizzante come si visualizza nella figura sottostante.

Incidenza dell’allergia alimentare

L’incidenza delle allergie alimentari è del 4-6% nei bambini, dell’1-2% nell’adolescenza e meno dell’1% negli adulti.

Ciò è riconducibile alla progressiva maturazione dell’apparato gastrointestinale che migliora le proprie difese nei confronti degli allergeni alimentari, così che assistiamo, per lo più, ad una attenuazione o ad una scomparsa dei sintomi dopo i 5-8 anni di vita.

Si può sospettare un’allergia alimentare in presenza di

Sintomi e/o quadri clinici limitati all’apparato gastrointestinale

  • Vomito
  • Diarrea acuta e cronica
  • Reflusso gastroesofageo
  • Sindrome da malassorbimento
  • Sindrome orale-allergica
  • Stomatiti aftose recidivanti

Ed anche in presenza di:

Sintomi e/o quadri clinici che interessano altri organi e apparati

  • Cute (sindrome orticaria-angioedema, dermatite atopica, prurito)
  • Apparato respiratorio (rinite, asma)
  • Apparato cardiocircolatorio (collasso, shock)
  • Orecchio (secondo alcuni autori: otite media catarrale)

Conferma di allergia alimentare

La diagnosi si basa soprattutto sulla storia clinica, che deve essere estremamente accurata. Il sospetto clinico va poi confermato eliminando l’alimento e/o gli alimenti sospetti, con successiva prova di scatenamento con l’alimento stesso dopo almeno 2 settimane di dieta specifica e di risoluzione del quadro clinico. I test cutanei ed il dosaggio delle IgE specifiche per gli alimenti sospettati sono di supporto diagnostico.

Esistono poi una lunga serie di test della Medicina Alternativa che sebbene non siano supportati da un’adeguata documentazione scientifica vengono frequentemente utilizzati nelle intolleranze alimentari.

Prevenzione primaria dell’allergia alimentare

La prevenzione si fonda nel favorire il più a lungo possibile l’allattamento materno (6° mese) poichè l’immaturità della barriera mucosale permette un maggior passaggio di antigeni alimentari e quindi aumenta la possibilità di sensibilizzazione. Alcuni autori segnalano l’utilità di eliminare dalla dieta della madre nutrice gli alimenti più allergizzanti (latte, uovo, pesce).

Reazioni crociate tra alimenti e inalanti

L’esistenza di panallergeni, proteine pressoché immutate nel corso dell’evoluzione spiegherebbe la presenza di allergie crociate tra frutti e verdure filogeneticamente lontane. I gruppi di panallergeni purificati sono 1) le profilline, 2) le proteine pathogenesis-related (PR), 3) gli enzimi e 4) le proteine di stoccaggio.

Consideriamo in particolare le profilline, proteine rimaste pressoché immodificate durante l’evoluzione che in maniera suggestiva, sono state individuate come l’ancestrale legame degli esseri viventi. Le profilline sono proteine presenti in tutte le cellule eucariotiche. Le profilline delle piante sono altamente omologhe e giocano un importante ruolo nella crescita cellulare della pianta stessa e nella germinazione del polline. Uno degli allergeni del polline di betulla purificato, Bet v 2, è una profillina e cross-reagisce con la profillina del sedano. In seguito, le profilline sono state identificate in una varietà di altri alimenti: cipolla, avocado, carota, pomodoro, arancia, pesca, ciliegia, pera, fragola, patata, arachide, mandorla, pisello, prezzemolo, kiwi, noce, mela, grano, soia, spinacio e frumento, così come nella coda di topo, nel polline di artemisia e nel latice di gomma naturale. Quanto detto spiega come alcuni individui allergici mostrano una cross-reattività tra allergeni di polline e allergeni vegetali. Queste cross-reazioni sono state descritte tra melone, banana e polline di parietaria; sedano e artemisia; patata e graminacee; mela, ciliegia, pera, pesca e polline di betulla. Inoltre alcuni individui sensibilizzati per il latice di gomma naturale reagiscono anche ad alcuni alimenti, inclusa la banana, l’avocado, il kiwi e l’ananas.

Va sottolineato inoltre come individui sensibilizzati per alcuni alimenti presentino spesso reazioni crociate verso altri cibi strettamente correlati. Dal punto di vista pratico il paziente con allergia alimentare deve conoscere il gruppo di appartenenza dell’alimento al quale è allergico ed usare cautela quando mangia per la prima volta un altro alimento dello stesso gruppo.

Esempi di reazioni crociate tra vari alimenti

ANIMALI:

  • mammiferi (carne/latte): mucca, capra, maiale, coniglio, pecora.
  • uccelli (carne/uova): pollo, oca, anitra, gallina, tacchino.
  • pesci:  merluzzo, pesce gatto, sgombro, salmone, trota, sardina, tonno.
  • crostacei:  aragosta, granchio, gambero, gamberetto, gambero d’acqua dolce.
  • molluschi: cozze, vongole, ostriche, capesante, molluschi.

FRUTTA:

  • cucurbitacee: melone, cocomero, melassa, popone, zucca.
  • rosacee: mandorla, albicocca, ciliegia, pesca, prugna, caco.
  • agrumi: pompelmo, limone, lime, mandarino, arancia, clementina.
  • noci: noce brasiliana, noce americana, nocciola, mango, pistacchio.
  • fagacee: castagna, noce di faggio.

VEGETALI

  • leguminose: fagioli, piselli, lenticchie, arachidi, liquirizia, soia, tamarindo, cacao.
  • brassicacee: broccoli, cavoletti di Bruxelles, cavolo, cavolfiore, rafano, rapa, crescione.
  • ombrellifere: anice, comino, carota, sedano, coriandolo, prezzemolo.
  • solanacee: melanzana, pepe, patata, pomodoro, chili, tabacco.
  • graminacee: orzo, mais, riso, segala, grano, avena.
  • liliacee: asparagi, aglio selvatico, aglio, porro, cipolla.
  • alloro: avocado, cannella, canfora.
  • girasole: carciofo, lattuga, girasole.

È importante sottolineare la possibilità che la sensibilizzazione ad alcuni frutti e vegetali possa essere associata alla sensibilizzazione ad altri alimenti appartenenti alla stessa famiglia botanica ed anche alla sensibilizzazione con cibi non correlati ed allergeni inalanti.

Alimenti e cross-reattività documentata

  • Mela: patata, carota, polline di betulla.
  • Carota: sedano, anice, mela, patata, segale, frumento, ananas, avocado, polline di betulla.
  • Cereali: frumento, segale, orzo, avena, granoturco, riso, polline di graminacee.
  • Merluzzo: anguilla, sgombro, salmone, trota, tonno.
  • Latte di mucca: latte d’asina, latte di capra, latte di altri animali simili.
  • Uova: albume, lisozima, tuorlo, ovoalbumina, ovomucoide.
  • Aglio: cipolla, asparago.
  • Miele: contaminazione da polline di composite.
  • Piselli: lenticchie, liquirizia, semi di soia, fagioli bianchi, noccioline americane, finocchio.
  • Pesca: albicocca, prugna, banana.
  • Noce americana: noccioline, noce, noce brasiliana.
  • Riso: cereali, granoturco, polline di segale.
  • Gamberetto: granchio comune, aragosta, calamaro, gambero, acari.

Circa il 70% dei pazienti pollinosici può presentare sintomi allergici dopo l’ingestione di alimenti vegetali come frutta, verdura e spezie. In questo caso la reazione crociata si determina fra inalanti e alimenti ed è un riscontro relativamente comune nei pazienti con sindrome orale-allergica, caratterizzata quest’ultima da rapida comparsa di prurito e lieve angioedema delle labbra, lingua, palato e gola, generalmente seguiti da una rapida risoluzione dei sintomi, più raramente complicata da edema della glottide. Ciò è dovuto alla presenza di allergeni cross-reattivi presenti nei pollini e negli alimenti. 

Alcune cross-reattività tra allergeni inalanti e alimentari:

  • Betulla: mela, pera, pesca, albicocca, prugna, ciliegia, banana, noce, nocciola, sedano, finocchio, carota.
  • Nocciolo: mela, pesca, ciliegia, carota, limone.
  • Parietaria: gelso, basilico, ciliegia, melone.
  • Graminacee: pomodoro, melone, anguria, arancia, kiwi, frumento.
  • Composite: sedano, mela, melone, anguria.
  • Ambrosia: melone, banana.
  • Acari: gamberetto, lumaca.

Allergeni Nascosti

Durante i processi di lavorazione degli alimenti è possibile che alcune proteine possano contaminare e quindi essere ingerite in piccole quantità durante l’assunzione di tali alimenti. È dunque necessario prendere in considerazione la problematica degli allergeni alimentari nascosti:

  • Presenza in molti cibi come dolciumi, pasticcini, sorbetti, di minime quantità ad esempio di grani di sesamo, lino, arachidi, nocciole, papavero, mandorle, senza che la loro presenza sia dichiarata. Altro esempio è l’introduzione di proteine di pesce nelle patate allo scopo di conservare il vegetale al di sotto di 0°C, ciò può causare reazioni allergiche dopo assunzione di patata nei soggetti allergici al pesce.
  • Proteine alimentari sono legalmente usate come additivi: la papaina è usata come chiarificante della birra, il lisozima del bianco dell’uovo è aggiunto a molti cibi in Giappone per il suo potere battericida. Cibi contenenti lecitina di soia come le margarine possono indurre reazioni allergiche in pazienti sensibilizzati alla soia.
  • Le proteine del latte vaccino possono essere presenti senza esserne fatta menzione in brodo di pollo ed essere presenti nella composizione di molti alimenti come mortadella, wurstel, tonno in scatola.
  • Gli allergeni nascosti possono anche contaminare gli alimenti durante la loro lavorazione (farina, olio) o durante la loro frittura.
  • L’etichetta può essere fuorviante (in una confezione la dicitura “sieroproteine” significa ad esempio presenza, in tale confezione, di proteine del latte vaccino) pertanto il paziente allergico ad un certo alimento deve essere istruito alla corretta interpretazione delle etichettature.

Riduzione dell’allergenicità

Esistono diversi metodi per manipolare l’allergenicità del cibo:

  • La riduzione dell’allergenicità può essere conseguita selezionando cibi a ridotto contenuto allergenico, ad esempio le mele di diverso tipo contengono diversi quantitativi di proteine allergeniche.
  • La riduzione dell’allergenicità può essere conseguita mediante trattamento fisico o chimico del cibo, realizzando ad esempio formule di latte di mucca ipoallergeniche, con trattamento enzimatico del prodotto.
  • Il contenuto allergenico può venire ridotto attraverso una manipolazione genetica del cibo, alterando i rapporti tra i singoli costituenti normali dello stesso. Questo procedimento è stato adottato nella realizzazione di riso ipoallergenico.
  • Allergeni di diversa provenienza possono essere introdotti nel cibo con manipolazioni genetiche (ad esempio, l’introduzione delle proteine allergeniche della noce brasiliana sono state introdotte nella soia per aumentarne il valore biologico).

Possibilità di reazioni allergiche agli alimenti scatenate da esercizio fisico

L’anafilassi indotta da esercizio fisico correlata al cibo è conosciuta come entità clinica da vari anni. Deriva dall’associazione tra assunzione di un certo alimento e sforzo fisico. Si possono avere sintomi che vanno dall’asma allo shock anafilattico. Gli episodi sono scatenati dall’esercizio fisico ed a rischio sono gli atleti o i giovani in buone condizioni di salute. Gli episodi sono dovuti ad attività fisica svolta entro 2 ore dall’assunzione di alimenti. Tali episodi non sono prevedibili e possono essere provocati da differenti livelli di sforzo fisico, preceduti dall’ingestione di un alimento a cui il paziente spesso risulta allergico, cibo che senza il successivo sforzo non provoca reazioni. Per tale ragione spesso il paziente non collega la comparsa dei sintomi all’alimento. Tra gli alimenti implicati il sedano può rivestire un ruolo importante.

I sintomi possono essere prurito, orticaria, angioedema, broncoostruzione ed ipotensione isolati o associati.

Cibi più frequentemente implicati nell’anafilassi indotta dal cibo

  • Noce
  • Nocciola
  • Pistacchio
  • Noce brasiliana
  • Pesce 
  • Molluschi
  • Gamberetti
  • Granchi
  • Aragosta
  • Latte di mucca
  • Uova di gallina
  • Legumi
  • Frutta (banana, kiwi)
  • Patata

Consigli utili:

  • Evitare l’esercizio fisico per almeno 2-4 ore dopo l’ingestione di alimenti ed in particolare degli alimenti a cui il paziente è risultato allergico.
  • È prudente raggiungere gradualmente lo sforzo massimale ed interrompere subito l’esercizio fisico se compaiono sintomi quali prurito (anche se solo localizzato al viso, alle mani o ai piedi), senso di calore diffuso, stanchezza.
  • Evitare di fare sport nelle giornate con clima caldo-umido
  • Evitare i cibi ed i farmaci che hanno un azione facilitante la comparsa dei sintomi quali:

alimenti ricchi di istamina o istamino-liberatori (vedi elenco)

alimenti ricchi di tiramina (vedi elenco)

farmaci che appartengono alla classe dell’Ac. acetilsalicilico

I pazienti che hanno presentato manifestazioni cliniche gravi (come shock anafilattico) in occasione di esercizio fisico non previdibile o non evitabile dovranno portare con sé un autoiniettore di adrenalina da utilizzare in caso di comparsa di tosse, difficoltà a respirare, affanno, ipotensione, ecc.

Intolleranze alimentari

L’allergia non va confusa con altri disturbi correlati al cibo riconducibili ad intolleranze alimentari. L’intolleranza alimentare è caratterizzata da sintomi simili a quelli dell’allergia alimentare, non determinati però da un meccanismo immunologico e può essere di tipo enzimatico, di tipo farmacologico o indefinita.

Intolleranze alimentari enzimatiche

Definiscono reazioni ad alimenti o additivi alimentari che si verificano in conseguenza di un difetto enzimatico e diventano clinicamente evidenti dopo la somministrazione degli alimenti contenenti il substrato dell’enzima mancante. Numerosi deficit enzimatici hanno origine da errori congeniti del metabolismo e presentano sintomatologia diversa a seconda dell’enzima mancante.

Si possono avere disordini dell’assorbimento dei carboidrati per deficit di lattasi, deficit di sucrasi-isomaltasi, deficit di trialasi, malassorbimento di glucosio-glucosio.

  • Deficit di fenilalanina-idrossilasi nella fenilchetonuria.
  • Deficit della glucosio-6-fosfato-deidrogenasi nel favismo.
  • Deficit della galattasi-1-fosfato-uridiltransferasi nella galattosemia.

Intolleranza alimentare farmacologica

Comprende le forme di intolleranza alimentare conseguenti all’effetto farmacologico di alcune sostanze presenti negli alimenti che assunte in dosi elevate, possono provocare sintomi in alcuni individui intolleranti. Alcuni di questi quadri sono stati attribuiti alla presenza di amine vasoattive. I meccanismi proposti sono i seguenti:

  • Aumentata suscettibilità all’istamina. In alcuni individui si è evidenziata una diminuzione delle diamino-ossidasi.
  • Effetti anomali delle amine biogeniche. Le amine biogeniche che derivano per lo più dalla decarbossilazione degli aminoacidi, possono anche essere prodotte dalla scomposizione dei fosfolipidi. Esse sono costituenti normali dei cibi o possono derivare da processi metabolici legati agli enzimi tessutali. L’istamina deriva dall’istidina e la tiramina dalla tirosina. I cibi più ricchi di istamina e tiramina sono rappresentati dai cibi fermentati, quali formaggi, alcool, pesce scatolato, pesce affumicato, crauti, tonno, carne di maiale e insaccati.
  • Alcuni alimenti vengono considerati istamino-liberatori. Fra i più importanti si riconoscono uovo, crostacei, fragole, pomodori, pesce, cioccolato, carne di maiale, ananas e papaya.
  • Intolleranza all’alcool. Meccanismi di azione ipotizzati: la presenza di bisolfiti, un intolleranza all’acido benzoico o un’aumentata permeabilità vascolare dovuta agli effetti dell’alcool stesso. Infine un errore congenito del metabolismo, un deficit di aldeide deidrogenasi causano intolleranza all’alcol.

Questi alimenti e additivi agiscono liberando, o inducendo la liberazione, di mediatori chimici da cellule infiammatorie per un’azione diretta non mediata da anticorpi.

ALIMENTI RICCHI DI ISTAMINA O ISTAMINO-LIBERATORI

  • Fragole, agrumi, banane, ananas, lamponi, avocado.
  • Pomodori, spinaci, fecola di patate.
  • Arachidi, noci, nocciole e mandorle.
  • Fave, piselli, ceci, lenticchie, fagioli.
  • Albume, formaggi fermentati, yogurt, lievito di birra.
  • Cioccolato, insaccati, alimenti in scatola, dadi per brodo.
  • Bevande fermentate (vino, birra), cola, caffè.
  • Crostacei, frutti di mare, pesce conservato (aringhe, alici, sardine, salmone, tonno).

ALIMENTI DI CUI E NOTO IL CONTENUTO DI ISTAMINA

  • formaggi fermentati: 1330 mg/g
  • bevande fermentate: 20 mg/g
  • aringhe conservate: 350 mg/g
  • acciughe conservate: 60 mg/g
  • sardine conservate: 15 mg/g
  • salmone conservato: 7 mg/g
  • tonno conservato: 6 mg/g
  • spinaci: 37 mg/g
  • pomodori: 22 mg/g
  • fegato di maiale: 25 mg/g
  • insaccati: 160-225 mg/g

ALIMENTI RICCHI DI TIRAMINA

  • Emmenthal
  • Brie
  • Camembert
  • Parmigiano
  • Roquefort
  • Mozzarella
  • Caviale
  • Aringhe affumicate
  • Aringhe secche
  • Tonno
  • Salsicce, salami ecc.
  • Selvaggina
  • Cioccolato
  • Vino rosso e bianco
  • Estratto di lievito
  • Uva
  • Avocado, fave, fichi
  • Patate
  • Cavolo
  • Cavolfiore
  • Spinaci
  • Pomodoro

Additivi alimentari

Diversi agenti sono aggiunti agli alimenti che noi consumiamo; il numero degli additivi è stimato da 2.000 a 20.000. Queste sostanze comprendono stabilizzanti, ispessenti, coloranti, insaporenti, dolcificanti e antiossidanti. Nonostante la grande quantità di additivi conosciuti, solamente un numero sorprendentemente basso può essere associato con reazioni di ipersensibilità. Alcuni autori hanno suggerito che un numero significativo di pazienti con orticaria cronica e angioedema ha sintomi correlati all’ingestione di additivi alimentari. L’incidenza di reazioni agli additivi in pazienti con orticaria cronica e angioedema è varia. Ciò è dovuto soprattutto alla mancanza di studi controllati appropriatamente e rigorosamente.

COLORANTI

I coloranti autorizzati dalla FD&C (Food Dye and Coloring Act) sono derivati del carbone e del catrame, il più conosciuto (anche se attualmente poco usato) è la tartrazina (FD&C giallo n° 5). Accanto alla tartrazina il gruppo degli azo-coloranti include il ponceau (FD&C rosso n° 4) e il giallo tramonto (FD&C giallo n°6). L’amaranto (FD&C rosso n°5) fu bandito dall’uso negli USA nel 1975 perché riconosciuto come teratogeno. I coloranti non azotati includono il blu brillante (FD&C blu n°1), l’eritrosina (FD&C rosso n°3) e la indigotina (FD&C blu n°2).

SOLFITI

I solfiti sono stati usati per secoli per la conservazione del cibo. Inoltre gli agenti solfati (fra cui biossido di zolfo, solfato di sodio, solfato di potassio, bisolfito, metabisolfito) sono usati nella fermentazione industriale per disinfettare i containers e per inibire la crescita di microrganismi indesiderati.

I solfiti agiscono come potenti antiossidanti, che spiegano il loro diffuso uso negli alimenti come preventivi contro le decolorazioni ossidative (imbrunimento) e come rinfrescanti. Molti cibi confezionati, inclusa la frutta e la verdura fresca e congelata in involucri di cellophane, cibi derivati dal grano (crackers e biscotti), bibite all’aroma di agrumi, possono contenere solfiti. I livelli più alti, tuttavia, si trovano nelle patate (ciascuna varietà sbucciata), frutta secca (albicocca e uva bianca), e spesso nei gamberetti e altri cibi di mare, che possono essere vaporizzati dopo il loro scaricamento al molo. I solfiti sono usati come ingredienti in cibi preparati e confezionati o in bevande che contengono almeno 10 parti per milione di equivalenti di SO2. Nel 1986 la FDA ha bandito l’uso dei solfiti sui cibi dichiarati freschi.

PARABENI

I parabeni sono esteri alifatici dell’acido paraidrossibenzoico; essi includono metil-, etil-, propil-, e butilparabeni. Il benzoato di sodio è una sostanza strettamente correlata che usualmente cross-reagisce con questi composti. Questi agenti, che sono largamente usati come conservanti sia nei cibi che nei farmaci, sono riconosciuti anche come causa di dermatite.

GLUTAMMATO DI SODIO

L’acido glutamico è un acido amino-dicarbossilico non essenziale che costituisce il 20% delle proteine della dieta. I glutammati si trovano in natura in alcuni cibi in quantità significative: 100 g di formaggio Camembert, per esempio, contiene 1 g di glutammato monosodico. La più grande esposizione al glutammato monosodico si verifica tuttavia attraverso il suo impiego come insaporente. Il glutammato monosodico è addizionato ad una grande varietà di cibi sia nella produzione che nella ristorazione. Circa 75 anni fa un chimico giapponese stabilì che il glutammato monosodico ha la proprietà di aumentare i sapori delle alghe marine, un cibo tradizionale dell’alimentazione giapponese. Grandi quantità di glutammato monosodico sono frequentemente aggiunte ad altri alimenti giapponesi, cinesi e del sud-est asiatico. Sei grammi di glutammato monosodico possono essere ingeriti con un pasto orientale altamente stagionato e una singola scodella di zuppa di wonton può contenere 2,5 g di glutammato monosodico. Il glutammato monosodico può essere trovato in prodotti di carne e di pollo confezionati. È stato riportato che il glutammato monosodico provochi una sindrome che si presenta entro poche ore dal pasto: tale sindrome è caratterizzata da cefalea, sensazione di bruciore lungo la regione del collo, oppressione toracica, nausea e sudorazione. Recentemente è fortunatamente emersa la tendenza a ridurre l’uso di glutammato monosodico nella preparazione di cibi orientali.

ASPARTAME

L’aspartame è un dipeptide composto da acido aspartico e l’estere metilico della fenilalanina. Questo dolcificante artificiale a basso contenuto calorico è 180 volte più dolcificante del saccarosio.

NITRATI

Nitrati e nitriti sono largamente usati come conservanti. Sono usati come insaporenti e coloranti. Questi agenti sono usati per lo più nella lavorazione di carni come salsicce e salami.

PRINCIPALI ADDITIVI

GlI additivi e i conservanti permessi nell’alimentazione umana sono oltre 1.500. Sembra che ogni persona ne ingerisca, in media, oltre 1 kg in un anno. Alcuni, tra cui quelli qui elencati, possono scatenare reazioni che vanno dall’orticaria alle manifestazioni asmatiche o anafilattiche. Assai nota, per esempio, è la “sindrome del ristorante cinese”, dovuta alla presenza di glutammati negli “involtini primavera”.

  • E102 (giallo di tartrazina) Colorante Bevande, dolci, gelati, marmellate e sciroppi, canditi, sottaceti
  • E110 (giallo arancio) Colorante Come E102
  • E127 (eritrosina) Colorante Come E102
  • E211 (sodio benzoato) Conservante Majonese, pesce in scatola, succhi
  • E219 (paraossibenzoato di metile) Conservante Come E211
  • E222 (sodio bisolfito) Conservante Succhi e sciroppi
    Sbiancante
  • E621 (glutammato) Sapidificante Carni, insaccati, ravioli, tortellini, crackers

PESCE

L’ipersensibilità al pesce è comunemente rilevata nei paesi dove è alto il consumo di pesce. Gli antigeni del merluzzo sono stati i più dettagliatamente studiati. Rispetto ad altre carni commestibili il muscolo del merluzzo contiene più acqua (81.2%), meno proteine (17.6%) e pochi lipidi (0.3%).

ALLERGENI

L’allergene alimentare meglio caratterizzato è Gad c 1 (antigene M), una parvalbumina del merluzzo (Gadus callarias L.). Attualmente sono conosciute almeno 20.000 specie di pesce non tutte ovviamente impiegate nell’alimentazione umana. Studi in vivo ed in vitro hanno dimostrato gradi variabili di cross-reazione nell’ambito dei pesci a scheletro osseo, soprattutto fra merluzzo, branzino, dentice, anguilla, sogliola e tonno. Minore la cross-reattività con altre specie e minima quella fra pesci a scheletro osseo e pesci a scheletro cartilagineo. Il determinante comune tra pesci a scheletro cartilagineo e pesci a scheletro osseo sembra essere un allergene maggiore per i primi e minore per i secondi. I pesci a scheletro osseo o osteitti, comprendono la grande maggioranza delle specie ittiche sia marine che delle acque dolci: aringa, sarda, acciuga o alice, famiglia scombrocidi, nasello, merluzzo seccato intero (stoccafisso) o aperto e salato (baccalà), cernia, dentice, orata, muggine, pescespada, sarago, spigola, sogliola, rombo, triglia. Come già detto può aversi una cross-reattività tra queste specie di pesci a scheletro osseo. I pesci a scheletro cartilagineo (minore cross-reattività con quelli a scheletro osseo) sono ad esempio il palombo e la razza.

CROSTACEI

La famiglia dei crostacei che fanno parte dell’ordine Decadoda include gamberetti, gamberi, granchi ed aragoste.

GAMBERETTI

È stato evidenziato che le tropomiosine rappresentano gli allergeni maggiori nel gamberetto. È stato purificato un allergene stabile al calore di 34 kD da estratti acquosi bolliti di gambero indiano senza guscio (Penaeus Indicus); questo allergene è stato trovato essere identico alla tropomiosina purificata dallo stesso gamberetto. È stato dimostrato che un anticorpo monoclonale ottenuto dal Dermatophagoides pteronyssinus, l’acaro della polvere di casa, cross-reagiva con la tropomiosina di un altro gamberetto (Cragnon cragnon).

GAMBERO D’ACQUA DOLCE E ARAGOSTA

Usando i sieri di molte persone sensibilizzate ai crostacei con l’immunoelettroforesi crociata sono stati studiati gli antigeni e gli allergeni del gambero d’acqua dolce (Procambarus clarkii) e l’aragosta con spine (Panulirus argus). Sono stati rilevati anticorpi IgE per molteplici allergeni comuni al gambero d’acqua dolce e all’aragosta. Alcuni di questi allergeni possono essere cross-reattivi con la tropomiosina.

Latte Vaccino

In quasi tutto il mondo il latte di mucca rappresenta la quasi totalità del latte prodotto per il consumo umano. Circa il 50% della produzione del latte è venduto come latte liquido o prodotti correlati, mentre un altro 25% è trasformato in formaggio.

CHIMICA

Il latte di mucca contiene circa l’86.6% di acqua, 4.1% di grassi, 3.6% di proteine, 5% di lattosio e 0.7% di ceneri. Gli allergeni del latte sono rappresentati da proteine. Le caseine a, b e k, b-lattoglobuline e a-lattoalbumina sono gli allergeni maggiori prodotti dalla ghiandola mammaria; la g-caseina e i peptoni-proteasi risultano dalla proteolisi. Le caseine sono associate con il fosfato di calcio nelle micelle sferiche idratate. Il latte contiene anche piccole tracce di albumina bovina ed immunoglobuline (derivate dal siero bovino), lattoferrina, lattoperossidasi, fosfatasi alcalina, catalasi. La stabilità al calore delle proteine del latte è molto variabile: le proteine del siero e la b-caseina sono le più labili, la b-lattoglobulina e la a-lattoalbumina sono le più stabili.

ALLERGENI

L’allergenicità delle singole proteine del latte è stata studiata mediante test cutanei, dosaggio delle IgE specifiche e test di provocazione orale. Sebbene la caseina produca la più alta percentuale di positività ai test cutanei (68%) nei bambini con allergia al latte, la b-lattoglobulina produce la più alta percentuale di positività al test di tolleranza (66%). La maggior parte dei bambini reagisce a più di una proteina del latte vaccino, ma alcuni soggetti hanno anticorpi IgE diretti solamente verso derivati proteolitici del latte di mucca. La positività cutanea alle proteine del latte di mucca è strettamente correlata ai risultati ottenuti con il dosaggio delle IgE specifiche, sebbene quest’ultimo esame sia meno sensibile, soprattutto per la caseina e l’albumina bovina.

Formule ipoallergeniche del latte vaccino

Le formule idrolisate sono state prodotte allo scopo di diminuire l’allergenicità delle proteine del latte vaccino. L’uso di queste formule è basato sulla premessa che le proteine predigerite, quando date come aminoacidi e peptidi, forniscono nutrienti in forma non allergenica. Le proteine idrolisate sono processate usando principalmente tre tecnologie: trattamento con calore, idrolisi enzimatica e una combinazione dei due. Il trattamento con calore modifica la conformazione delle proteine mentre l’idrolisi enzimatica produce una progressiva distruzione delle proteine allergeniche. Talvolta l’ultrafiltrazione è aggiunta per rimuovere le proteine e i peptidi ad alto peso molecolare. A seconda della fonte delle proteine e a seconda del grado di idrolisi, ci sono diversi tipi di formule disponibili sul mercato. Contrariamente alle formule altamente idrolisate, le formule parzialmente idrolisate contengono alte proporzioni di proteine non degradate o solo parzialmente degradate (con peso molecolare fra 8 e 40 kD). L’allergenicità di una formula è la capacità di queste proteine o peptidi di indurre reazioni allergiche in individui sensibilizzati legandosi alle molecole di immunoglobuline IgE sulle cellule effettrici con conseguente rilascio di mediatori. L’allergenicità può essere determinata in vivo (test cutanei e di provocazione) ed in vitro (RAST-CAP). Le formule degli idrolisati differiscono tra loro e le forme non idrolisate nel contenuto di proteine intatte e per la loro allergenicità. È stato visto che le formule di idrolisati parziali del siero del latte contengono quantità relativamente grandi  di b-lattoglobulina se confrontate alle formule idrolizzate estensivamente.

Uova

Le uova non fecondate di pollo (Gallus domesticus) sono molto usate nell’alimentazione umana. L’uovo medio pesa 58 g ed è costituito per l’8-11% dal guscio, per il 56-61% da albume e per il 27-32% dal tuorlo. L’albume, a sua volta, è composto principalmente da acqua (87-89%) e proteine (9-11%), mentre il tuorlo contiene il 50% di acqua il 32-35% di lipidi e il 16% di proteine.

CHIMICA

La proteina maggiore dell’albume dell’uovo è l’ovoalbumina, una fosfoglicoproteina. L’ovoalbumina purificata ha tre componenti (A1, A2 e A3) che differiscono solamente a seconda del loro contenuto di fosfato. La conalbumina (ovotransferrina) è una glicoproteina che lega gli ioni metallici. L’ovomucina contiene il 30% di carboidrati e contribuisce alla natura gelatinosa dell’albume d’uovo. È stata determinata la struttura primaria del lisozima, la proteina più basica dell’albume. L’albume dell’uovo contiene numerose tracce di proteine fra cui la catalasi, l’ovoflavoproteina, l’inibitore della ficina, l’ovoglicoproteina, G2 e G3, globuline, l’ovomacroglobulina, la ribonucleasi, l’ovoinibitore e l’avidina.

Il tuorlo dell’uovo contiene parecchi tipi di particelle (sfere di tuorlo, granuli, figure mieliniche e lipoproteine a bassa densità) che sono disperse uniformemente in una soluzione proteica (livetina). Il tuorlo può essere separato con ultracentrifugazione in frazioni granulari e plasmatiche; la frazione granulare contiene il 60% di proteine e il 35% dei lipidi, mentre la frazione plasmatica contiene l’80% di lipidi e il 18% di proteine.

ALLERGENI

Nella maggior parte degli studi pubblicati sull’allergia all’uovo, l’albume dell’uovo è indicato essere più allergenico del tuorlo. In studi basati su test cutanei, dosaggio delle IgE specifiche ed immunoblotting, gli allergeni maggiori sono stati identificati come ovoalbumina (Gal d 1), ovomucoide (Gal d 3), e conalbumina (ovotranferrina, Gal d 2). Recenti studi, impiegando proteine del bianco dell’uovo altamente purificate, hanno comunque dimostrato che l’ovomucoide è l’allergene maggiore del bianco d’uovo nei bambini sensibilizzati per l’uovo con dermatite atopica. Gli anticorpi IgE possono anche essere diretti contro le proteine del tuorlo dell’uovo, una cross-reattività può esistere tra le proteine del tuorlo e dell’albume dell’uovo e tra le uova di vari uccelli. L’ovomucoide in particolare è del tutto stabile al calore. Individui sensibili a questa componente possono reagire ad alimenti contenenti uova cotte e uova crude.

Leguminose

I legumi sono piante di semi di cotiledoni e comprendono arachidi, semi di soia, lenticchie, fagioli, piselli. Nel loro insieme i legumi rappresentano solamente il 6% del raccolto di cibo mondiale, ma costituiscono il 19% delle proteine alimentari del mondo. Circa l’80% dell’azoto dei semi dei legumi è contenuto in due tipi di globuline in essi contenute: la legumina e la vicilina.

ARACHIDI

L’ingestione delle arachidi è una delle principali cause di gravi reazioni allergiche in USA sia nei bambini che negli adulti. Lo 0.7% dei bambini, secondo una recente indagine negli USA è allergico alle arachidi. Questa reazione di ipersensibilizzazione inizia spesso precocemente nell’infanzia e si protrae per tutta la vita. Ciò è in contrasto con altre allergie alimentari infantili, come ad esempio verso il latte e le uova che, di solito, si risolvono spontaneamente con il progredire dell’età.

ALLERGENI

Le indagini fino ad ora compiute suggeriscono che potrebbe essere messo a punto un gene mutato delle arachidi (Ara h 1, 2 o 3) per rimpiazzare il suo omologo allergenico presente nel genoma delle arachidi. Si potrebbe così attenuare lo sviluppo della reazione allergica in individui sensibili che inavvertitamente abbiano ingerito questo alimento. Gli allergeni delle arachidi sono relativamente stabili al calore e sono quindi presenti sia nelle arachidi crude che nelle arachidi arrostite. In uno studio di vari alimenti in commercio contenenti arachidi, solamente le proteine idrolisate delle arachidi e l’olio di arachide non mostrarono attività allergenica alla RAST-inibizione. La mancanza di allergenicità dell’olio di arachide trattato ad alte temperature è stata anche dimostrata con test di provocazione orale in doppio cieco. L’olio di arachide spremuto a freddo può tuttavia contenere proteine allergeniche.

SOIA

Il maggior raccolto alimentare della famiglia dei legumi è la soia (Glycine max). L’olio è usato principalmente per l’alimentazione umana mentre la maggior parte dei pasti proteici di soia sono usati per l’alimentazione animale.

ALLERGENI

Molte frazioni della soia contengono allergeni. Sono stati identificati allergeni che cross-reagiscono con le frazioni globuliniche della soia 2S, 7S e 11S. Studi in immunoblotting, usando sieri di persone sensibili alla soia con dermatite atopica, hanno dimostrato che anticorpi IgE sono diretti preferenzialmente verso una globulina 7S con peso molecolare di 30kD. Usando il siero di un paziente con sensibilità inalatoria alla farina di soia, è stata dimostrata l’esistenza di anticorpi IgE a molteplici componenti della farina di soia con peso molecolare fra 14 e 54 kD. La lecitina di soia è stata riportata come una causa di asma del panettiere. Epidemie di asma causato dall’inalazione di polvere di soia sono state attribuite a due proteine derivate dal baccello della soia, Gly m 1A (7.5 kD, pI 6.8) e Gly m 1B (7.0 kD, pI 6.1-6.2).

Allergia alimentare: i cereali

I cereali includono frumento, mais, riso, orzo, saggina, avena, miglio e segale. Nel loro insieme questi grani rappresentano il 72% delle proteine nell’alimentazione mondiale. Le proteine del grano di cereali includono le albumine idrosolubili, le globuline solubili in soluzioni saline, le prolamine solubili in soluzione idro-alcolica al 70% e le gluteline acido o basico-solubili.

FRUMENTO

I chicchi di frumento contengono un piccolo germoglio prossimale e un grande endosperma distale, in cui sono depositati l’amido e le proteine. L’endosperma è circondato da uno strato interno e da uno strato protettivo esterno di crusca; insieme questi due strati contengono la maggior parte della fibra e dei minerali del chicco di frumento. L’endosperma contiene il 100% dell’amido, il 72% delle proteine e il 50% dei lipidi all’interno del chicco.

ALLERGENI

Sono stati identificati 40 diversi allergeni e metà di questi cross-reagisce con l’estratto di farina di segale. Usando il siero di 13 panettieri allergici, furono identificati 18 componenti allergeniche, inclusi tre allergeni maggiori. È stato dimostrato, in seguito in immunoassay, che il siero dei panettieri asmatici conteneva IgE verso molte proteine del frumento, fra cui l’albumina, l’agglutinina del germoglio del frumento, una glicoproteina (concanavalina A purificata) e un inibitore della tripsina. Inoltre, quando la farina del frumento veniva trattata con idrossido di potassio all’1% per facilitare l’estrazione della globulina, della gliadina e del glutine, anticorpi IgE potevano essere rilevati verso questi componenti. È stata anche documentata sensibilizzazione all’a-amilasi derivata dallAaspergillus orizae che veniva addizionato alla farina di frumento per aumentare la fermentazione dei carboidrati per mezzo del lievito.

Più recentemente, è stato usato il siero di individui affetti da asma del panettiere per identificare un allergene salino-solubile di 15 kD nella farina di frumento ed un corrispondente allergene di 14.5 kD nella farina d’orzo. Questi allergeni producono positività degli skin test in più dell’80% degli individui affetti da asma del panettiere.

ORZO E SEGALE

Le prolamine dell’orzo (Hordeum vulgare) sono chiamate ordeine, mentre quelle della segale (Secale cereale) sono conosciute come segaline. È stata dimostrata la presenza di anticorpi IgE sierici verso a-amilasi purificata d’orzo (54 kD) e b-amilasi d’orzo (64 kD) in 29 su 30 persone con asma del panettiere. Sono state isolate proteine omodimeriche di 25 kD sia dalla segale che dall’orzo. Le sequenze aminoacidiche di queste proteine erano strettamente omologhe ad altre proteine inibitrici dell’a-amilasi/tripsina del cereale, ma nessuna dimostrò attività inibitoria per l’a-amilasi o la tripsina. La proteina monomerica di 13.5 kD della segale, designata come Sec c 1, provocava skin test positivi nel 70% delle persone sensibili alla segale.

RISO

Il riso (Oryza sativa) rappresenta la dieta principale della metà della popolazione mondiale. Tuttavia sono state pubblicate relativamente poche informazioni sull’allergia al riso.

CHIMICA

A differenza del frumento, dell’orzo e della segale, le proteine di deposito del riso sono rappresentate per il l8% dalle prolamine e per l’80% dalle gluteline. Ciascuna proteina di deposito si trova in un corpuscolo di proteina separato nell’endosperma del riso.

ALLERGENI

La farina di riso sgrassata è stata separata nelle componenti glutelinica e globulinica; gli ultimi componenti sono stati ulteriormente frazionati con gel-filtrazione. In immunoassay, usando il siero di individui sensibili al riso, furono dimostrati anticorpi IgE sia contro la frazione glutelinica che contro la frazione globulinica. È stata isolata inoltre una proteina del riso salino-solubile di 16 kD che si lega agli anticorpi IgE sierici di individui sensibili al riso. Questo legame può essere inibito dalla preincubazione dei sieri non solamente con l’estratto del riso, ma anche con estratti di frumento, mais, miglio giapponese e miglio italiano, suggerendo che questa proteina è responsabile dell’allergenicità crociata fra i chicchi di cereali. Infatti, quando clonata e sequenziata, questa proteina mostra il 40% di omologia con l’inibitore dell’a-amilasi del frumento e il 20% di omologia con l’inibitore della tripsina dell’orzo.

Verdure

UMBRILLIFERE: sedano, finocchio, carota, prezzemolo, anice

SEDANO: è l’alimento di questa famiglia che con maggior frequenza è interessato nelle allergie alimentari, specialmente degli adulti. Gli allergeni maggiori del sedano (Apiuru graveolens) sembrano essere l’Api g 1, una glicoproteina di 17 kD appartenente al gruppo PRP (Pathogenesis-Related-Protein) espresse dai vegetali in condizioni di stress, altamente cross reattive, e l’Api g 2. E’ frequente la cross-reattività del sedano con polline ed altri alimenti vegetali. Sono state descritte sindrome orale allergica, disturbi a carico del canale digerente, riniti e/o asma, sindrome orticaria-angioedema e perfino Shock anafilattico in pazienti pollinosici con accertata ipersensibilità alle compositein seguito all’assunzione di sedano. È possibile una cross-reattività tra il sedano e altri vegetali della stessa famiglia (soprattutto con ilFINOCCHIO).

CAROTA: gli allergeni della carota sono termolabili e cross-reagiscono con allergeni del sedano e dell’anice.

Sintomi: sono stati riportati alcuni casi di sindrome orticaria-angioedema dopo assunzione di carota cruda.

PREZZEMOLO: largamente diffuso in Italia ed in altri paesi europei con clima temperato. E’ utilizzato come erba aromatica nella preparazione di numerosissimi piatti. Presenta una frequente reattività crociata con i pollini di Betulacee.

AMARILLIDACEE: aglio, cipolla, erba cipollina 

AGLIO: sono stati descritti casi di allergopatie respiratorie IgE mediate in addetti alla produzione commerciale di polvere di aglio. La positività è stata documentata mediante test cutanei, sierologici e di provocazione specifica. Cross-reagisce con cipolla ed erba cipollina appartenenti alla stessa famiglia delle Liliacee.

Frutta

MELA: è il frutto che con maggior frequenza è responsabile di allergia alimentare, seguita da pesche, pere, prugne, albicocche e ciliegie.

Il principale determinante allergenico della mela è il Mal d 1, 17 KD, presente in quantità elevate in alcune qualità di questo frutto come la qualità delicious. Il Mal d 1 presenta discrete analogie strutturali con i determinanti antigenici dei pollini di Betullacee e Graminacee.

CILIEGIE: questi frutti insieme ad altri frutti della famiglia delle Rosacee (mela, pesca, pera, prugna, albicocca) provocano frequentemente una sindrome orale allergica nei soggetti con pollinosi da betulla o da composite; possono inoltre essere responsabili di manifestazioni cliniche più gravi, sindrome orticaria-angioedema fino allo shock anafilattico.

È frequente cross-reattività con altri vegetali appartenenti alla stessa famiglia delle Rosacee.

KIWI: originario della Cina e coltivato fin dall’antichità, è stato introdotto in Europa dall’inizio del 1900, ma solo negli ultimi decenni è diventato un’importante coltura commerciale.

Il kiwi, appartenente alle Actinidiacee, contiene circa dieci molecole che si legano alle IgE, con peso molecolare da 12 a 64 kD. Di queste un antigene di 30 kD (actinidina) viene considerato l’allergene maggiore del kiwi. L’allergia al kiwi, come per altri frutti con guscio, si riscontra soprattutto in soggetti pollinosici con ipersensibilità ai pollini della Betulla e del Nocciolo, eventualmente con associata ipersensibilità alleGraminacee e alla Parietaria. Anche se vi sono casi di allergia al solo kiwi, più spesso i pazienti risultano allergici anche nei confronti di altri alimenti vegetali.

Le manifestazioni più comuni sono costituite da sindrome orale allergica, orticaria-angioderma, più raramente da oculorinite o asma bronchiale. In alcuni soggetti il kiwi può provocare varie dermatiti, come orticaria da contatto o eczema da contatto.

È stata dimostrata cross-reattività tra kiwi, semi di sesamo, semi di peperoncino e farina di segale.

Altri alimenti

SEME DI COTONE

Il cotone (Gossipium spp) è stato coltivato da secoli come fonte di fibre tessili. Inoltre il cotone è utilizzato come una fonte di olio commestibile e proteine per uomini e animali.

ALLERGENI

Molte frazioni allergeniche furono isolate dalla farina dei semi di cotone con una varietà di tecniche. La principale frazione proteica stabile al calore, designata come CS 1A, potette essere ulteriormente purificata ad una frazione denominata come CS-13 Endo.

POMODORO

Il pomodoro (Lycopersicon esculentum) è un componente della famiglia delle solanacee (ombra della notte). Gli allergeni del pomodoro sono stati isolati dal rosso, pomodori maturi con omogeneizzazione sequenziale, dialisi, precipitazione in solfato di ammonio e cromatografia a scambio ionico. La frazione maggiormente allergenica (frazione G) contiene l’8% di azoto e il 21% di esosi, e contiene solamente lo 0,15% di estratti solidi. L’allergene contenuto nel pomodoro acerbo è inferiore a quello del pomodoro maturo.

SEMI DI SESAMO

Il sesamo (Sesamum indicum) è un’erba dell’India orientale che appartiene alla famiglia delle Pedaliacee i cui semi sono comunemente usati nei prodotti cotti. È stata usata l’ultracentrifugazione a gradiente di densità per frazionare l’estratto di seme di sesamo. Usando l’immunoassay, è stata notata l’attività allergenica in molteplici componenti con peso molecolare da 8 a 84 kD.

CAVOLO

Il cavolo (Brassica oleracea capitata) è un membro della famiglia delle brassicacee (senape). È stato frazionato l’estratto di cavolo con gel filtrazione e sono stati ottenuti 5 picchi di materiale assorbente raggi UV a 280 nm. Usando l’inibizione in immunoassay, molte componenti allergeniche sono state identificate con apparente peso molecolare tra 20 e 67 kD.

SENAPE

Ricercatori spagnoli hanno isolato, sequenziato, clonato e espresso Sin a1, l’allergene maggiore del seme di senape gialla (Sinapis alba L.). Una proteina allergenica strettamente correlata, Bra j 1, è stata isolata dai semi di senape orientale (Brassica juncea). Le sequenze aminoacidiche di Sin a 1 e Bra j 1 sono strettamente correlate e gli anticorpi IgE di persone sensibilizzate per la senape riconoscono un epitopo della catena pesante comune ad entrambi gli allergeni.

Cibi transgenici

La tecnica del DNA-ricombinante viene attualmente usata in varie ed importanti coltivazioni per aumentare la resistenza, ad esempio dei vegetali, alle aggressioni ambientali o per produrre in maggior quantità i componenti più importanti delle piante. Attualmente più di 60 specie vegetali sono state sottoposte con successo ad ingegneria genetica e si prevede che circa 20 nuovi prodotti vegetali saranno introdotti sul mercato nei prossimi 20 anni. Una delle principali preoccupazioni intorno alla sicurezza dei cibi transgenici riguarda la problematica relativa al potenziale allergenico delle loro proteine. Le modificazioni genetiche comportano l’introduzione di nuove proteine nelle specie transgeniche, lo studio della potenziale allergenicità degli elementi transgenici riveste un ruolo importante nei soggetti con allergie a vari alimenti. La descrizione di un evento anafilattico in un soggetto con allergia alla soia brasiliana dopo assunzione di soia transgenica, (prodotto con aumentato contenuto di cisteina e di metionina per introduzione transgenica di un gene della noce brasiliana, contenete l’albumina S2 della noce stessa) ha evidenziato che il trasferimento preterintenzionale di geni allergenici è un rischio reale. La FAO (Food and Agricolture Organization) delle Nazioni Unite ha proposto una nuova etichettatura dei cibi a natura potenzialmente allergenica con regole che risalgono al 1995. Per ora si raccomanda di controllare accuratamente ogni alimento modificato prima di immetterlo in commercio.

Questo programma di controllo per la determinazione dell’allergenicità dei cibi modificati dovrebbe venire messo a punto a livello internazionale. Fino a che non siano stati sviluppati questi procedimenti, è indispensabile che sulle etichette vengano denunciati tutti i componenti.

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