REAZIONI AVVERSE A FARMACI

CHE COSA SONO?

La prima definizione di reazione avversa ad un farmaco (RAF) è stata elaborata circa trent’anni dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, definendola come “una risposta ad un farmaco che sia nociva e non intenzionale e che avviene a dosi che normalmente sono usate nell’uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia o che insorga a seguito di modificazioni dello stato fisiologico“. Oggi la nuova normativa in materia di farmacovigilanza ha modificato la definizione di reazione avversa, intesa ora come “effetto nocivo e non voluto conseguente all’uso di un medicinale”. Dal punto di vista patogenetico si caratterizza per un’abnorme risposta immunologica o infiammatoria verso il farmaco stesso.

Le reazioni allergiche a farmaci sono in continuo aumento, a causa del progressivo maggior consumo dei medicinali: si stima che il 2-8% della popolazione abbia sperimentato una RAF, e che 3-6% di tutti i ricoveri ospedalieri siano da mettere in correlazione ad una RAF.

COME VENGONO CLASSIFICATE?

 

Le RAF vengono classicamente suddivise in:

  1. Reazioni di tipo A (Augmented): reazioni dose-dipendenti e prevedibili in funzione delle caratteristiche del farmaco, rappresentano fino all’85-90% delle reazioni. Sono generalmente gestibili con una riduzione della dose o la sospensione del farmaco. A loro volta vengono suddivise in:
    • Sovradosaggio: conseguenze dell’effetto tossico di un dosaggio troppo elevato (es. oto e nefro-tossicità con l’utilizzo di antibiotici amminoglucosidi);
    • Effetti collaterali: effetti non desiderati ma inevitabili, legati al meccanismo d’azione del farmaco stesso (es. sonnolenza con l’assunzione di antistaminici);
    • Effetti secondari: provocati dall’azione principale del farmaco (es. dismicrobismo intestinale con diarrea dopo un ciclo di antibiotici);
    • Interazioni farmacologiche: la somministrazione contemporanea di due o più farmaci può potenziare o ridurre la loro azione farmacologica (es. antiacidi e antidolorifici competono per l’assorbimento).
  2. Reazioni tipo B (Bizzarre): reazioni dose-indipendenti e imprevedibili, si verificano in una minoranza di casi (10-15%) ma possono provocare quadri clinici anche molto gravi. Vengono a loro volta differenziate in:
    • Allergiche: reazione nella quale è dimostrabile un meccanismo immunologico, provocata o meno da immunoglobuline di tipo E (IgE) o da linfociti specificatamente sensibilizzati;
    • Pseudoallergiche: reazioni con manifestazioni cliniche simili a quelle allergiche, ma nella quale non sono dimostrabili meccanismi immunologici. Tali reazioni vengono spesse inquadrate come “intolleranze”;
    • Idiosincrasiche: reazioni rare, si verificano in una minoranza di paziente suscettibili, causate da deficit enzimatici o metabolici geneticamente determinati (es. anemia emolitica dopo l’assunzione di primachina nel deficit dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi). Hanno segni e sintomi che differiscono dall’azione farmacologica del farmaco.

 

DOPO QUANTO TEMPO SI MANIFESTANO?

 

Le RAF possono essere suddivise anche in base alle tempistiche d’insorgenza:

  • Immediate: sono tipicamente le reazioni di tipo I IgE mediate, che si manifestano entro un’ora dall’assunzione della prima dose del farmaco, e che si associano al rischio di anafilassi se il paziente viene esposto una seconda volta. In alcuni casi, però, la reazione si può manifestare dopo 60 minuti, soprattutto se il farmaco viene assunto per via orale e in concomitanza con del cibo, che ne ritarda l’assorbimento.
  • Ritardate: reazioni che si rendono evidenti dopo 60 minuti, e nella maggior parte dopo 6 ore o giorni di trattamento; rientrano nelle reazioni immunologiche di tipo II, III e IV (ossia non IgE mediate). Un esempio tipico sono le reazioni ritardate da Amoxicillina, che tipicamente si manifestano dopo 7-10 giorni di trattamento o addirittura dopo 1-3 giorni dalla sospensione dello stesso.

 

QUALI SONO I SINTOMI?

Le manifestazioni cliniche delle reazioni avverse a farmaci sono molteplici, ma le più frequenti sono quelle classiche dell’allergia/pseudoallergia:

  • Orticaria, angioedema o altre manifestazioni cutanee e/o mucose;

  • Difficoltà respiratoria (edema della glottide, rinite o asma, polmoniti);

  • Shock anafilattico;

  • Insufficienza epatica o renale, anemie o altre manifestazioni a carico delle cellule del sangue

Particolare attenzione và posta a due rare ma gravi condizioni: Sindromi di Lyell o “necrolisi epidermica tossica” con bolle simili a quelle delle ustioni con elevata mortalità se diffuse su ampia superficie corporea, e la Sindrome di Stevens-Johnson o “eritema multiforme” con eruzioni cutanee a coccarda ed ulcerazioni della mucosa orale, genitale o anale.

 

QUALI SONO LE PROVE ALLERGOLOGICHE DA EFFETTUARE?

 

TEST CUTANEI (prove in vivo): tali test sono effettuabili solo per limitate categorie di farmaci (antibiotici beta-lattamici, anestetici locali e generali, eparine, inibitori di pompa protonica, steroidei, mezzi di contrasto, insulina). Consistono nell’applicazione diretta del farmaco a livello della cute, al fine di evidenziare a distanza di 15-20 minuti l’eventuale insorgenza di manifestazioni cutanee (pomfo > 3 mm di diametro); sono attendibili esclusivamente per quei farmaci che provocano reazioni allergiche “vere”, ossia dovute ad un meccanismo IgE mediato. I test cutanei utilizzati sono:

  • Prick test: si applica una goccia di soluzione del farmaco sulla cute dell’avambraccio e si punge la zona con una lancetta di profondità prestabilita (1 mm);
  •  Intradermoreazione: si inietta nel derma con una siringa una piccola quantità di soluzione del farmaco (0.02-0.5ml ) a concentrazione crescente (diluito 1:100, 1:10). Tale esame viene eseguito in caso di negatività del prick test.

 

Per il loro potenziale rischio, i test cutanei vanno evitati in caso di pregressa reazione grave (reazioni respiratorie, cardiovascolari, tipo Leyll/ Steven Johnson, ..).

RICERCA IgE SPECIFICHE (prove in vivo): il dosaggio delle IgE specifiche è di validità limitata dal momento che si negativizzano dopo circa 1-2 anni dall’ultima esposizione del farmaco; hanno una sensibilità nettamente inferiore a quella dei test cutanei e precludono alla base un meccanismo allergico.

 

TESTI DI TOLLERANZA: consiste nella somministrazione orale di un farmaco, iniziando a basso dosaggio (1/100 o anche 1/1000 della dose terapeutica) ed aumentando la dose ad intervalli di tempo prestabiliti, tenendo il paziente in osservazione dalle ore 8 alle ore 13 circa. Viene eseguito per testare farmaci alternativi a quello imputato responsabile della precedente reazione, scegliendo tra quelli con molecola o meccanismo d’azione diverso. Il paziente per poter eseguire tale test non deve aver assunto antistaminici da almeno 7 giorni, deve aver consumato un pasto leggero e le sue manifestazioni cliniche devono essere in fase di remissione.

TEST DI PROVOCAZIONE ORALE: analogo al test di tolleranza, ma si utilizza il farmaco presunto responsabile della precedente reazione avversa, per il quale sussistano fondati dubbi circa l’effettivo ruolo in base a storia clinica e /o negatività dei test cutanei e sierologici.

 

CONSIGLI UTILI

In caso di sospetta reazioni allergica, è importante informare il medico circa:

  • la patologia per la quale il farmaco è stato assunto
  • la data di inizio e fine terapia
  • il nome del farmaco e il dosaggio utilizzato (conservare la confezione se possibile)
  • la via di somministrazione
  • la tipologia e la tempistica dei sintomi insorti
  • eventuali farmaci assunti per curare i sintomi
  • la concomitante assunzione di altri farmaci per le già presenti comorbidità.

 

ALLERGIA ALIMENTARE

L’allergia alimentare è una reazione del sistema immunitario che si manifesta in alcuni soggetti dopo l’assunzione di un determinato cibo.

Si tratta di una condizione che colpisce principalmente i bambini (6% circa) e tende ad attenuarsi con l’avanzare dell’età fino a risoluzione spontanea in numerosi individui. Tra gli adulti la prevalenza si attesta attorno al 2%.

Alla base vi è una disfunzione del sistema immunitario che riconosce come nocive sostanze che per la maggior parte degli individui sono del tutto innocue e mette in atto una serie di meccanismi di difesa che risultano dannosi per l’organismo.

Si può sospettare un’allergia alimentare in presenza di sintomi gastrointestinali (diarrea, vomito), respiratori o cutanei (prurito, rash, gonfiore di labbra e lingua) i quali possono essere scatenati anche da piccolissime quantità dell’alimento responsabile. In alcuni soggetti la reazione può essere talmente grave da mettere in pericolo la vita del paziente.

Gli alimenti più frequentemente responsabili sono uova, latte, frutta a guscio, pesce e crostacei.

Attenzione a non confondere l’allergia con l’intolleranza alimentare, disturbo molto più frequente e meno grave che è invece da ricondursi a meccanismi di tipo non immunologico. Esempi sono l’intolleranza al lattosio dovuta ad un deficit enzimatico o le reazioni causate dalle amine vasoattive o dagli additivi presenti in alcuni cibi.

SINTOMI

In alcuni individui l’allergia alimentare porta a disturbi di lieve entità, mentre in altri le manifestazioni possono essere talmente gravi da portare al decesso. L’intervallo di tempo che intercorre tra l’assunzione dell’alimento incriminato e la comparsa dei sintomi solitamente è molto breve e va da alcuni minuti fino ad un paio d’ore.

I segni e sintomi più frequenti sono:

  • Sindrome orale allergica con prurito alla bocca, gonfiore di labbra e/o lingua o del viso
  • Eczema, prurito cutaneo, orticaria
  • Rinite, starnuti, asma
  • Sensazione di corpo estraneo e prurito in gola con o senza associazione di difficoltà respiratoria
  • Diarrea, nausea, vomito e dolori addominali
  • Senso di stordimento, vertigini
  • Anafilassi con difficoltà respiratoria e collasso cardiocircolatorio

CAUSE

Gli alimenti più frequentemente responsabili sono:

  • Arachidi e altra frutta a guscio
  • Pesce
  • Latte
  • Uova
  • Crostacei
  • Soia
  • Frutta fresca (in particolare mela, pesca, melone, fragola, banana)
  • Verdure come pomodoro, sedano

Va sottolineato inoltre come individui sensibilizzati per alcuni alimenti presentino spesso reazioni crociate verso altri cibi strettamente correlati.

REAZIONI CROCIATE ALIMENTI-INALANTI

Alcuni proteine allergizzanti contenute negli alimenti sono simili ad allergeni presenti nei pollini. Questo spiega la cross-reattività inalanti-alimenti ovvero la comparsa di reazioni in individui allergici a pollini in seguito all’assunzione di alcuni cibi, o viceversa.

Circa il 70% dei pazienti pollinosici può presentare sintomi allergici dopo l’ingestione di alimenti vegetali come frutta, verdura e spezie. Queste cross-reazioni sono state descritte tra melone, banana e polline di parietaria; sedano e artemisia; patata e graminacee; mela, ciliegia, pera, pesca e polline di betulla.

REAZIONI ALLERGICHE SCATENATE DA ESERCIZIO FISICO

Alcuni soggetti possono avere reazioni allergiche anche gravi se in seguito all’assunzione dell’alimento cui sono sensibili praticano esercizio fisico. Tali manifestazioni non si verificano invece se non viene praticata attività dopo l’assunzione.

INTOLLERANZA ALIMENTARE E ALTRE REAZIONI

L’allergia non va confusa con altri disturbi correlati al cibo riconducibili ad intolleranze alimentari. L’intolleranza alimentare è caratterizzata da sintomi simili a quelli dell’allergia alimentare, non determinati però da un meccanismo immunologico.

Condizioni che possono essere confuse con l’allergia alimentare sono:

  • L’intolleranza al lattosio dovuta al deficit dell’enzima lattasi. L’incapacità di digerire il lattosio porta a gonfiore addominale, crampi e diarrea. La produzione di questo enzima si riduce con l’aumentare dell’età dando ragione del perché questo disturbo risulti più frequente in età adulta
  • Reazioni alimentari tossiche dovute alla presenza di tossine in cibi non ben conservati
  • Reazioni da amine vasoattive (istamina o tiramina). Alcuni alimenti possono essere particolarmente ricchi di queste sostanze che scatenano sintomi sovrapponibili a quelli delle reazioni allergiche. I cibi più ricchi sono rappresentati da crostacei, pesce (tonno), fragole, formaggi, insaccati, pomodori, cioccolata
  • Sensibilità ad additivi come coloranti, solfiti, parabeni.
  • Malattia celiaca / intolleranza al glutine. Questa patologia è causata da una reazione immunologica non allergica scatenata dal glutine presente nei prodotti derivati da grano, orzo e segale.

DIAGNOSI

La diagnosi si basa su:

  • storia clinica
  • familiarità per allergie
  • un attento esame del paziente
  • test allergologici cutanei o su sangue. Nei test cutanei viene posta sulla cute dell’avambraccio o della schiena direttamente l’alimento sospetto (prick by prick) oppure un suo estratto (prick test). Dopo aver punto la cute con una lancetta per permettere all’allergene di penetrare nel sottocute si osserva l’eventuale comparsa di reazioni. I test ematici vanno invece a ricercare direttamente nel sangue la presenza di anticorpi diretti contro un dato alimento.
  • dieta di eliminazione e prova di scatenamento. Si valuta se rimuovendo dalla dieta e reintroducendo a distanza l’alimento sospetto si ha la comparsa di sintomi. Questa prova deve essere effettuata con cautela sotto la supervisione di un medico.

TRATTAMENTO

L’unica vera “cura” sarebbe escludere dalla propria dieta l’alimento a cui si è allergici, anche se non sempre è possibile.

Nel caso di reazioni allergiche lievi caratterizzate da prurito e orticaria è possibile utilizzare gli antistaminici, mentre nei casi più gravi è necessario ricorrere ai cortisonici o all’adrenalina.

Non devono essere esclusi dalla dieta, invece, alimenti risultati positivi ai test allergologici ma che non danno problemi al paziente.

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